la vecchia Castellina negli anni ’50: sulle orme degli Etruschi
< Al momento in cui fui condotto a visitare l’ambiente prima dell’acquisto, io vidi, insieme ad una casa colonica pressochè fatiscente anche un misero terreno sulla cima di un colle a 630 metri slm ove stentatamente pascolavano una dozzina di pecore. Era un pianoro bordato da olmi selvatici e da arbusti di edera cresciuti su muri a secco dello spessore di circa 2 metri e di antica fattura.
Qua e là affioravano pezzi di tegole, bordi di orci, pesi da telaio, manici e frammenti di antico vasellame domestico.
La mia attenzione si accrebbe quando sull’estremo orientale del terreno la venditrice del fondo (una povera vedova siciliana venuta con la guerra a vivere nel Chianti), sollevando alcune tavole di legno mi indicò l’apertura di una voragine di cui non si vedeva il fondo.
Affacciandosi su tale bocca disse: è il pozzo che sul fondo nasconde le campane d’oro.
Forse anche per questo di lì a pochi giorni acquistai Casalvento.>
Queste le parole del professor Giovanni Dòmini quando ricordava l’acquisto di un povero podere negli anni in cui si assisteva all’inurbamento della cività contadina. Era il 1950 e stava già prendendo forma una inarrestabile trasformazione economica e sociale.
Ma in quegli anni il valore di quel podere stava più nel suo passato che nel suo presente: su quel colle una volta era esistita la città di Salingolpe.
Non era altro che un castellare, un oppidum fondato dagli Etruschi, che con un arco di 2000 anni, sarebbe giunto fino al XV secolo d.C. quando fu demolito e ricostruito più in basso ove oggi è Castellina in Chianti.
Nel cerchio di mura pastori, agricoltori ed industriosi artigiani trovarono protezione e rifornimento d’acqua; un’acqua fresca e dolcissima che stillava goccia a goccia in un profondo pozzo …
Veronica Pasqualetti
bellissima storia